CREARE COLLABORATORI DI VALORE

La rilevanza di un collaboratore è determinata da due punti importanti.

  1. Dal grado di integrazione alla produttività aziendale e
  2. Dal metabolizzare ed esprimere nel concreto i valori aziendali.

Ci sono alcune persone che dopo poche settimane di lavoro in un gruppo sembra siano parte di quella azienda da anni. Vedere tali individui lavorare, comunicare, muoversi in quell’ambiente comunica immediatamente un idea di intensa coesione e famigliarità. Sembra che si trovino nel loro ambiente ideale. Riescono a interagire con gli altri individui e stringono da subito amicizie e frequentazioni. Altre persone, al contrario, nonostante siano anni che facciano parte del gruppo, non si sono mai veramente integrate nel sistema azienda. Operano in regime di individualità e di costante formalismo. Vederle operare da l’idea di quasi completa estraneità dall’essenza dell’azienda, a prescindere dalle loro competenze tecniche.

La grande differenza risiede nell’aver fatto propri o meno i valori di produttività ed etica di quel gruppo.

La rapida integrazione in un gruppo dipende fondamentalmente anche in questo caso da due fattori principali:

  1. L’esistenza dell’affiancamento e dell’apprendistato che spinge ad una alta produttività personale.
  2. La manifesta presenza e conseguente facile comprensione dei valori a cui un collaboratore deve fare riferimento.

Un collaboratore diventa un Uomo Azienda nella misura in cui questi due fattori sono pienamente presenti.

Ebbene, che possa essere reale o meno, le aziende tenderanno a non fare ne il punto 1 ne il punto 2.

Il punto “B” riguarda una vera e propria Carta dei Valori che, se redatta in forma scritta, il più delle volte diventa un opuscolo o un proclama pubblico redatto più che altro a fini promozionali o pubblicitari piuttosto che per un utilizzo reale in risposta ad un bisogno interno del gruppo. Non è difficile trovare oggi delle aziende che mostrino nella propria brochure o appesi ai muri nell’area di attesa una “carta dei valori” che proclama quanto siano importanti i principi di correttezza, onestà, trasparenza e disponibilità senza che però, molto spesso, se ne trovi traccia nelle metodologie utilizzate per gestire i collaboratori interni o la clientela.

Molto peggio è quando un tale documento rimane “scritto” esclusivamente nella testa dell’imprenditore. E così l’imprenditore si aspetta che i suoi collaboratori capiscano da soli tali valori e li incarnino. Il fatto che non li capiscano sconcerta il manager. Tale manager soffre della malattia che colpisce la gran parte dei dirigenti: la “ovvite”. (infiammazione del muscolo dell’ovvio: malattia endemica molto comune che consiste nel dare per scontato e per ovvio qualcosa che è scontato e ovvio solo per coloro che ne sono convinti e che a lungo andare produce un senso di irritazione dovuta al non capire come mai gli altri non capiscano).

Naturalmente il manager ha la grande responsabilità di essere “portatore sano” di questi valori e di esternarli in ogni possibile manifestazione in termini di scelte, azioni e politiche aziendali. Infatti un Manager non dovrebbe perdere nemmeno una singola opportunità di comunicare, vuoi verbalmente, vuoi per iscritto i propri valori aziendali infarcendo i suoi messaggi di tali citazioni.

Il punto “A” ha a che fare con il trasferimento della conoscenza tacita, ossia quella parte della conoscenza che può solo essere trasferita attraverso il contatto personale con qualcuno che ha maturato esperienza e informazioni durante un lungo percorso di crescita. Al contrario di quella articolata (si intende la conoscenza in forma scritta o comunque fruibile attraverso lo studio), la conoscenza tacita può solo essere trasferita tramite il contatto e la comunicazione personale. E’ stata chiamata anche delega o apprendistato della parte intangibile. La vera delega o apprendistato avviene per l’80% attraverso il “lavorare insieme a qualcuno di già esperto comunicando riguardo a ciò che si fa”.

Le industrie, le attività e le professioni di maggior successo nei secoli passati furono ottenuti addestrando la persona come apprendista, permettendole di fare, sotto un’altra persona, un lungo periodo di pratica sull’esatto lavoro che avrebbe dovuto svolgere, prima di considerarla autonoma su quel posto.

Mi piace qui citare il famoso architetto italiano Renzo Piano che va molto fiero della sua “bottega artigiana” nel suo studio di Parigi nella quale i suoi “apprendisti” imparano il lavoro e si confrontano tra di loro e con lui sui nuovi progetti a cui la sua impresa sta lavorando. Ecco un esempio mirabile di come il successo non sia solamente raggiunto ma come sia anche mantenuto e preservato attraverso un lavoro di squadra.

L’espansione rapida e l’economia in fatto di personale tendono a compromettere la riuscita di questa fase. La sua assenza può avere un effetto molto distruttivo. Dal punto di vista economico, il lavoro di apprendistato presenta delle apparenti limitazioni. Si devono soppesare le perdite derivanti dal non farlo e il costo derivante dal farlo. Si troverà che le perdite sono di gran lunga superiori al costo, nonostante il fatto che farlo aumenterebbe, almeno di un terzo, il lavoro della persona incaricata di farlo.  Esempio: se viene inserito in azienda un nuovo venditore, il responsabile commerciale incaricato di affiancarlo ha una perdita di produzione personale perché deve dedicare tempo alla nuova risorsa, ma questo investimento in futuro gli porterà ulteriore ricchezza; se non si dedica all’apprendistato, non ha nessuna perdita di produzione nell’immediato ma ha un costo maggiore nel medio periodo, in termini di espansione mancata.

Se non è presente in azienda un sistema che permetta alle persone di essere fatte crescere, si arriverà al punto in cui persone nuove non si aggiungeranno e il numero di persone presenti in azienda rimarrà pressoché immutato.

Esiste un’altra caratteristica dominante degli Uomini Azienda: produrre benefici aziendali in maniera disinteressata anche al di fuori del proprio ruolo diretto. Al manager sta il compito di creare le condizioni più ideali perché ciò possa manifestarsi. Il valore aggiunto di queste persone ripagherà di gran lunga qualsiasi sforzo fatto per aiutare il loro sviluppo.

La partecipazione trasversale attiva è la parola d’ordine di tale attività.

Attenzione a non interpretare questo concetto come un inno all’anarchia organizzativa. Esso più semplicemente significa permettere ad una persona di contribuire e di portare il proprio valore aggiunto a beneficio dell’intera struttura. E’ anche attraverso questi segnali che il Manager comunica i propri valori e le proprie idee.

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