Nei paesi anglosassoni viene identificata addirittura con una sigla: la chiamano la regola ABR. L’acronimo sta per Always Be Recruiting. Ovvero: essere sempre in selezione. Non c’è esperto di management che non la consideri una regola aurea per qualsiasi azienda che, indipendentemente dalle dimensioni, voglia competere sul mercato. Per crescere ed espandersi occorre un continuo approvvigionamento di risorse: quelle umane sono fra le più essenziali.
Nel mondo della pmi tuttavia l’ABR è una regola ben poco osservata: prevale nettamente un “recruitment” di tipo reattivo anziché proattivo. In sostanza non ci si mette in moto finché non si è di fronte, per fare due esempi, ad una lettera di dimissioni o ad un congedo di maternità. L’obiezione più scontata è che “essere sempre in selezione”, se non ci sono e nemmeno si prevedono posti vacanti, è una pura perdita di tempo.
Esiste una differenza sostanziale fra le aziende che tirano a campare e quelle di successo. Le prime in fatto di obiettivi hanno una tendenza al ribasso: li ridimensionano riadattandoli alla qualità dei collaboratori di cui dispongono. Le seconde fanno l’inverso: sono costantemente alla ricerca di elementi di caratura superiore per puntare a mete più ambiziose. Perciò sui loro siti figura puntualmente la sezione “Lavora con noi”. Perciò raccolgono e vagliano curriculum. Perciò programmano colloqui anche in assenza di impellenti o imminenti necessità di procedere ad assunzioni.
Al di là del numero e della frequenza con cui avvengono, nelle assunzioni il momento cruciale è quello della scelta. Il momento del “chi”. Del “chi” prendere a bordo. Ed è in quel momento che le aziende che attuano un recruitment proattivo si trovano in una posizione di particolare vantaggio: rosa più ampia, maggiori opzioni, spesso una soluzione ottimale e immediata già sottomano. Un recruitment reattivo è viceversa fin troppo facile che si risolva, per la ristrettezza dei tempi, nell’accontentarsi del candidato che appare il “meno peggio”.
Potrei indicare un cumulo di motivi per i quali ad un’azienda conviene essere sempre in selezione. Mi limito a segnalare i tre forse più convincenti:
1. le aziende crescono nella misura in cui cresce la qualità delle persone al loro interno;
2. un’azienda non è un ente di beneficienza. Le persone inefficienti e improduttive vanno sostituite;
3. anche le squadre più forti del mondo possono essere migliorate. I loro cicli si chiudono inesorabilmente quando si dimenticano di farlo.
Per cui…. ABR: always be recruiting!